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L’offerta della corona

L’offerta della corona

“L’offerta della corona”, published as “Mattarella bis, un evento venuto da lontano (Shakespeare lo sapeva)”, in IlSussidiario.net4 February 2022

La poesia, come ha già detto un poeta, può esprimere quello che i media (televisione, giornali ecc.) non riescono a trasmettere, anche se è difficile dire di che si tratti esattamente. Ma per capire che cosa sia, basta guardare ai conflitti del nostro tempo. Come per esempio le recenti elezioni presidenziali. Dove, come in tutti i drammi che si rispettino, il finale cosiddetto a sorpresa era sotterraneamente preparato fin dall’inizio della rappresentazione, così che lo spettatore attento fruiva di una duplice esperienza: mentre calava il sipario era ancora stupito dalla svolta improvvisa; ma poi, ripensandoci mentre usciva dal “teatro”, cominciava a collegare fra di loro i vari fili tessuti nel “testo”, e vedeva emergere la vera trama.

Inizio di settembre 2021: alla 78esima Mostra del cinema di Venezia Roberto Benigni, ricevendo il suo meritatissimo Leone d’Oro alla carriera, rivolge, con il suo stile peculiare, un invito al presidente della Repubblica là presente: “Rimanga con noi ancora un po’; perché porta fortuna, porta bene. Deve rimanere, deve rimanere presidente qualche anno in più”. E non si trattava di un commediante purchessia, ma di un comico istituzionale, che ben conosce il valore simbolico di ogni battuta.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la Sig.ra Laura in occasione della prima della stagione del Teatro alla Scala di Milano

7 dicembre 2021: apertura della stagione operistica alla Scala di Milano con il Macbeth di Giuseppe Verdi. Quando il presidente fa il suo ingresso nel palco reale è accolto da una lunga ovazione, nella quale risaltano varie grida di “Bis!”. E quello non era un pubblico qualunque, ma il pubblico della capitale europea dell’Italia – quello che legge i “grandi” giornali milanesi e romani, dunque è orgogliosamente consapevole di se stesso come rappresentante di un capitalismo in sincronia con il proprio tempo, cioè un capitalismo fondamentalmente di centrosinistra.

Però, però: lì serpeggiava qualcosa di simile a quella che in musica potrebbe chiamarsi una dissonanza. 

Anna Netrebko canta Macbeth

Se a guardare quell’opera, Macbeth, ci fosse stato nel palco reale un re vero – diciamo un re di primo Novecento, nel momento tumultuoso della monarchia italiana – come avrebbe reagito di fronte a quel dramma, che mette in scena quasi uno dopo l’altro due assassinii regali? Forse Sua Maestà si sarebbe conturbata e, avvolta nel mantello, sarebbe uscita bruscamente (come re Claudio nell’Amleto), lasciando tutti mortificati. E  – anche se in quel dicembre 2021 gli spettatori non erano un re e i suoi sudditi, bensì un presidente e i suoi cittadini  – come si poteva non avvertire, in quella messinscena e dentro quel contesto, un certo stridore, e un presagio di intrighi alquanto cupi? Tutto questo, per dire che il coup de théâtre dell’elezione del 29 gennaio scorso, è venuto da lontano.

Rileggendo oggi la tragedia Giulio Cesare (ancora Shakespeare; è indispensabile), uno nota la scena nel primo atto in cui Marco Antonio offre per tre volte a Cesare la corona, e per tre volte Cesare la rifiuta; ma, a ogni successiva offerta, con maggiore esitazione: “A quel che ho visto”, dice uno dei personaggi di quel dramma, “era molto restio a staccarne le dita”. 

Sembrerebbe difficile per un poeta (in senso lato: dunque anche drammaturgo, romanziere, regista cinematografico, compositore) resistere alla tentazione di prendere come soggetto la situazione drammatica appena descritta, tra finzione letteraria e realtà politica. Ma c’è poco da sperare che uno scrittore italiano oggi se ne occupi. E se anche lo facesse, chi avrebbe il coraggio  di pubblicare o rappresentare il suo lavoro, in una nazione dove vige ancora il reato di “vilipendio”, parola che sarebbe buffa se non suonasse minacciosa?

Si potrebbe dire che il nostro paese ha problemi ben maggiori di un mancato atto di scrittura. Ma sarebbe una risposta inadeguata. Perché il punto non è che queste elezioni presidenziali non abbiano avuto per molti un lieto fine: il “lieto fine” è sempre qualcosa di superficiale. Il problema vero è che le elezioni del 2022 resteranno essenzialmente prive di senso compiuto se non saranno, prima o poi, sottoposte all’intervento dell’immaginazione come critica del reale, che è come dire la poesia nel senso lato di cui sopra: la poesia, con la sua audacia di avvicinamento alla verità. E quando manca la ricerca (basta la sincera ricerca) della verità, un paese declina.

Indizi di un paese in declino

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