Il Testimone e l’Idiota
Poema per un dialogo
I testi che seguono sono tratti da un manoscritto in corso d’opera. Il poema è un dialogo indiretto che, a questo stadio della scrittura, si svolge tra due protagonisti maschili e un’invisibile Voce.
I personaggi mi sono apparsi lentamente, emergendo da una sorta di nebbia. E da quella nebbia sono venuti fuori così incerti e così timidamente, che all’inizio sono stati garbatamente respinti; ma hanno insistito, con parole sempre più chiaramente udibili e con caratteristiche sempre più riconoscibili, fino a rendere abituale e in effetti indispensabile la loro presenza.
I personaggi:
La Voce (emana di solito dal soffitto, o dal pavimento o dalle pareti laterali di diverse stanze)
Il Testimone (fra i 35 e i 40 anni: italiano, piuttosto austero e intenso)
L’Idiota (sui 35 anni: italiano, alquanto indifeso e poroso; portato a esaltarsi in modo che potrebbe apparire ingenuo)
* * *
I Can’t Believe It (Dream Poem)
L’Idiota ha incontrato san Francesco
ai giardinetti di piazza Cavour:
stava seduto sopra una panchina
nello stile turistico della Piazza San Marco
con le braccia coperte di piccioni.
L’Idiota si è accostato mettendosi la maschera
di un viso rispettoso
(in realtà non sopporta i piccioni e sta dalla parte dei falchetti).
Francesco gli sorride e poi gli fa:
“Non hai idea di come siano stupidi”.
Poi vedendo la bolla interrogante (‘Allora perché?’)
formarsi sulle labbra dell’Idiota, gli dice:
“La carità ha valore soprattutto
quando è un pochino idiota – altrimenti
rischia di essere nice”.
‘Nice?!’,
pensa tra sé l’Idiota allontanandosi,
‘ha proprio detto nice? Non posso crederci’.
Monterenzio-Loiano-Bologna
New Worlds Are Always Opening Up
When We Are Least Expecting Them
Dice bene l’amico americano (o l’amica – non c’è firma)
che invia una cartolina da Miami (che l’Idiota non ha mai visitato)
dove c’è solamente questa frase:
“Nuovi mondi stanno sempre aprendo quando non loro ci aspettiamo”
Lo dice proprio bene, pensa l’Idiota mentre lo rilegge.
Perché questo aforisma roseo e modesto,
e un poco rammollito dal senso comune,
che l’amico fantasma (o l’amica che resterà per sempre
misteriosa) deve aver spinto dalla propria lingua
dentro l’italiano di un traduttore automatico,
quando esce così rimescolato
e discombobulato,
ha già grazie a questo acquistato
una scintilla elettrica di originalità:
così l’Idiota legge la sua materna lingua italiana
riscoperta in forma un poco strana –
come un corpo tutt’altro che materno
che si riveli improvvido e improvviso
nel fru-fru delle vesti arrovesciate e nell’imminente
incresparsi delle lenzuola.
L’esercito infinito degli estranei
La grande solitudine in cui vive
trasforma il Testimone in fantasma.
Una volta lui era un fantasma cattivo:
non verso gli altri ma verso di sé –
un captivus della sua ombra e colore oscuro;
la faccia della sua melancolia era una taciturna amaritudine.
Ma adesso il Testimone sta mutandosi
in quasi-buono fantasma: melancolia placata
e sfociata
in elegia di vita.
Di fronte all’infinito esercito di estranei
che sciama lungo le avenues
il Testimone è ormai libero da timore
e da (con punta d’invidia) disagio.
Semplicemente, è curioso:
con un sorriso lieve e la fronte spianata, camminando o seduto su una panca.
Venerabili padri hanno detto:
Curiositas è peccato. Ma lui la sente
come porta del bello e timido primo gradino alla caritas.
Bologna (verso New York)
Ricordi 1
L’Idiota sorride ai ricordi:
un largo, con denti danneggiati,
sorriso accoglitore e semi-felice
per il semplice fatto crudo e nudo che sono esistiti e che lui
è ancora lì a camminarli.
Gli appaiono, a tratti e balenii,
come i surrogati
della Resurrezione.
Treno New York-New Haven
Ricordi 2
Il Testimone, quando un ricordo lo colpisce diretto, geme
(breve lamento, e subito
si volta in giro per verificare che non l’abbiano udito):
è il fisico dolore,
quello dello stomaco;
per l’occasione perduta, l’instante non pienamente vissuto
dunque offeso, sacrificato
nel suo potere di essere
(ma il gemito è forse riscattato come seme di pentimento).
Treno New Haven-New York
All’erta, Testimone
Sente a volte fulminee
incursioni di grazia
e ne gioisce a mente, o a mezza voce.
Ma sempre deve stare cauto, sobrio:
può essere che in quello stesso istante
il Nemico si sia già insinuato
nella rocca dell’anima.
Ottava del riguardo
Il Testimone attesta anche gli sguardi –
egli li squadra e sguarda: i pesanti (come il suo),
ma anche i leggeri.
Quelli che gravano di lato
mal-velando di palpebra un passato
dissoluto con il suo corteo assassino.
E gli altri – gli altri, i lievi
di fronte ai quali egli abbassa gli occhi.
Q&A
(Domande e risposte)
È più grande del nostro cuore
(Gv, 3, 20)
L’Idiota pone spesso
la questione a sé stesso:
Come può essere, il cuore,
colmo gonfio – e spezzato al tempo stesso?
La risposta preliminare
lo porta solamente al limitare
della risposta piena di cui ancora ha sete.
Ma intanto egli ripete tra sé e sé,
cantilenando, una pre-risposta
che racchiude un punto di domanda
e il cui centro è il desiderio:
“Il desiderio è un’onda – il mare sotto che rigonfia i laghi –
ma è anche una spada che squarcia.
La spada del desiderio taglia l’onda del desiderio
l’onda travolge la spada
e nel gioco alla morra della vita
il cuore può contraddirsi ma il desiderio no.
Manhattan-Bologna-Manhattan
Quasi
Il Testimone mormora a se stesso
(come fa quasi ogni mattina):
“Ti amo …
non abbastanza”, e pensa a sbalzi
nel cammino-capriccio della vita:
Quanti morti ci vogliono
per fare un vivo?
Quanti vivi ci vogliono
per fare un credente?
Fatica
Nella gioia il Testimone non riesce –
e neppure nella sofferenza –
a trovare l’amore per il prossimo;
ma nella fatica soltanto,
quando scorge nel volto accanto a lui
le piccole tracce
del logorìo:
allora sente un piccolo ma vero
riscaldamento di cuore.
Manhattan, fermata della Cinquantanovesima
Sonetto caudato del voler-bene
Mt, 22-37
“Ti voglio bene” mormora
il Testimone ogni tanto
“come un pezzo del mio cuore, un pezzo
della mia mente
e più della metà della mia anima”.
Non è lo stesso che amare
ma è meglio del deserto.
Dove lo trova lui l’amore,
nelle strade e le stanze
della sua vita?
È soltanto il ricordo di un’iperbole
che è poi sfociata
nell’auto-convinzione di una maschera?
Forse è così; ma in certe esaltazioni
si lascia andare e sente qualche cosa
che è prossima a lui e congeniale
come e più della vena giugulare.
Voceluce
Voce
(che si presenta come luce direttamente, senza l’intermedio di pareti o soffitto o pavimento):
Attento, Testimone:
quando tu adesso senti
come questi luminosi
giorni di giugno nella città cupa
siano i primi della primavera
che negli scorsi mesi si è assentata –
quando tu scorgi questo
confine spostato
potresti già aver visto
la tua frontiera ultima
che ti viene incontro.
Testimone
(tace).
Uomo concavo
Per T. S. Eliot
Voce
We are the hollow men
We are the stuffed men…
Testimone
Oh, uffa, quanta degnazione in questa immagine sprezzante!
Vuoto è una parola trasparente
che ha un affaccio sul nulla quotidiano
ma ci sono tante creature concave
che ascoltano che si raccolgono e accolgono
che servono a qualcosa.
Si è ricchi solo delle cose altrui.
Voce
Dunque,
siamo tutti ladri.
Tombolo di Giannella
(Orbetello)
Gli ereditieri
Mt 5, 4
Voce
I miti erediteranno la terra
Testimone
La mitezza è una mietitudine:
quando tutte le messi del mondo
verranno recise blandamente e biondamente
e la terra sarà tranquillizzata e i miti
(che sono tutt’altro che mitici)
la copriranno di un sottile manto;
allora il mondo giungerà al suo termine
senza bang e senza whimper
ma con la non-apocalittica
naturalezza del riposo.
Paolo Valesio